Metal arabo
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2023-01-20
Il vento dell’Oriente metal: l’Arabic Metal
Tra i tanti sottogeneri presenti nell’heavy metal un posto di rispetto lo merita l’arabic metal o heavy metal orientale, una di quelle combinazioni davvero difficili da pronosticare che unisce al sound trasgressivo e violento prodotto da chitarre amplificate e batteria scatenata elementi orientali che creano un mix davvero sorprendente. L’oriental metal nasce in Israele con gruppi di heavy metal locali che iniziano a scrivere brani ispirati alla tradizione ebraica e biblica; con alcuni gruppi che hanno persino trasposto dei salmi in musica.
La contaminazione non è però esclusivamente nei testi e nelle tematiche, ma anche nella strumentazione dove vengono in qualche modo integrati anche antichi strumenti folcloristici locali che sono suonati su basi di chitarre molto lente, ipnotiche, che ricordano il death metal. La miscelazione dei suoni duri del metallo con quelli melliflui degli strumenti folk tradizionali è unica davvero e lo shofar, il bouzouki, il santur, il saz e l’oud sono alcuni di questi strumenti. Per quanto riguarda l’heavy metal arabo, da ricordare sono soprattutto i Litham che dal 1999 hanno pubblicato album di heavy metal con elementi di musica berbera e i Melmoth dalla Tunisia e addirittura i Nuclear Dawn dalla Siria. Particolare la situazione in Marocco, dove nel 2003 un tribunale imprigionò 14 musicisti accusati di satanismo e blasfemia nei confronti dell’Islam; la vasta eco suscitata costrinse però il tribunale a ritornare sui suoi passi e solo da poco la scena musicale marocchina ha ripreso vigore; ricordiamo inoltre l'esempio degli Al–Namrood, band black metal araba che sfida i dettami della propria religione, criticandola apertamente.
Il diffondersi di generi musicali di nicchia anche in paesi legatissimi alle proprie tradizioni culturali e che non vogliono in maggioranza abbandonarle fa comunque pensare al fatto che la musica si diffonde viaggiando per aria come uccelli migratori e arrivando nei luoghi più impensati attecchisce comunque, suscitando attenzione da parte soprattutto delle generazioni più giovani. D’altronde si tratta del risultato di quella che è stata chiamata globalizzazione, se sia positivo o meno la cosa a lungo andare è difficile dirlo: certamente la possibilità di espressione attraverso il veicolo della musica è uguale in tutti i popoli e consente a tutti, in regime di libertà, di esprimere sensazioni e sentimenti che sono comunque comuni; certo si perde la specificità di molte parti del mondo, che rischiano di finire omologate, trovare un giusto bilanciamento tra le due cose sarà essenziale.
La contaminazione non è però esclusivamente nei testi e nelle tematiche, ma anche nella strumentazione dove vengono in qualche modo integrati anche antichi strumenti folcloristici locali che sono suonati su basi di chitarre molto lente, ipnotiche, che ricordano il death metal. La miscelazione dei suoni duri del metallo con quelli melliflui degli strumenti folk tradizionali è unica davvero e lo shofar, il bouzouki, il santur, il saz e l’oud sono alcuni di questi strumenti. Per quanto riguarda l’heavy metal arabo, da ricordare sono soprattutto i Litham che dal 1999 hanno pubblicato album di heavy metal con elementi di musica berbera e i Melmoth dalla Tunisia e addirittura i Nuclear Dawn dalla Siria. Particolare la situazione in Marocco, dove nel 2003 un tribunale imprigionò 14 musicisti accusati di satanismo e blasfemia nei confronti dell’Islam; la vasta eco suscitata costrinse però il tribunale a ritornare sui suoi passi e solo da poco la scena musicale marocchina ha ripreso vigore; ricordiamo inoltre l'esempio degli Al–Namrood, band black metal araba che sfida i dettami della propria religione, criticandola apertamente.
Il diffondersi di generi musicali di nicchia anche in paesi legatissimi alle proprie tradizioni culturali e che non vogliono in maggioranza abbandonarle fa comunque pensare al fatto che la musica si diffonde viaggiando per aria come uccelli migratori e arrivando nei luoghi più impensati attecchisce comunque, suscitando attenzione da parte soprattutto delle generazioni più giovani. D’altronde si tratta del risultato di quella che è stata chiamata globalizzazione, se sia positivo o meno la cosa a lungo andare è difficile dirlo: certamente la possibilità di espressione attraverso il veicolo della musica è uguale in tutti i popoli e consente a tutti, in regime di libertà, di esprimere sensazioni e sentimenti che sono comunque comuni; certo si perde la specificità di molte parti del mondo, che rischiano di finire omologate, trovare un giusto bilanciamento tra le due cose sarà essenziale.
Tag: arabia, oriente, metal, tradizione
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