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Jazz italiano

Dall’inizio del Novecento, il jazz di New Orleans di Buddy Bolden inizia la rivolta musicale che sbarca in Italia negli anni '20. L’italian jazz viene coltivato e adulato durante tutto il ventesimo secolo, la sua apparente casualità nasconde una grande verità. Quando suoni jazz, ti lasci trasportare dall’improvvisazione e sbagli nota, quella prima o quella dopo saranno sempre giuste, l’importante è il ritmo e l’armonia tra quello che suoni e quello che sei. Musica naturale e complessa, da Paolo Fresu a Franco Cerri, ai grandi maestri come Filippo Daccò e Manuel Consigli, il jazz nostrano assume quei colori mediterranei propri della terra e quegli odori intesi della cucina peninsulare. In questa pagina troverai il meglio della musica jaz italiana, un movimento in continuo fermento e di viva produzione, che spopola nella piazze italiane con numerosi festival, basti pensare all’Umbria Jazz.

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2023-09-04

Una Preghiera tra due bicchieri di Gin: il libro che racconta il jazz italiano

Il jazz italiano anticipa di qualche anno il jazz europeo: se quest’ultimo infatti ha come data d’avvio i concerti di Jim Reese Europe, nella Francia del 1919, in Italia c’era già chi nel 1917 suonava il banjo allo YMCA di Roma, e tale Vittorio Spina suonava proprio jazz. Le prime jazz band si formarono a partire, invece, dagli anni ‘30: abbiamo così Ambassador’s Jazz band, Blue Star, Di Piramo, Carlini, Ferri, Louisiana, ma anche solisti come Galli, Morea e Rizza. Tra i più grandi estimatori del nuovo genere musicali ci sarà anche Romano Mussolini, figlio dell’allora duce e a sua volta abile pianista jazz. Il forte antiamericanismo tipico del ventennio fascista in Italia, infatti, non arresterà la corsa al successo del jazz ed evento culminante di questa ascesa sarà il concerto di Louis Armstrong, nel 1935, presso il Teatro Chiarella di Torino. La fine degli anni ‘30, invece, vedrà la messa al bando di qualsiasi tipologia di musica di ispirazione afroamericana, in seguito all’approvazione delle leggi razziali.

Il jazz riprende il volo nel dopoguerra. I nomi più rilevanti saranno Giorgio Gaslini, Lelio Luttazi, Franco Cerri, Bruno Martino, insieme ai cantanti Natalino Otto e Jula de Palma. Gli anni ‘50, poi, vedranno emergere Fred Buscaglione, personaggio icona del mondo del jazz e dello swing.
Ancora oggi si tratta di un genere diffuso e seguito in Italia, con diversi festival ad esso dedicati e riviste.
Tuttavia, tra le operazioni più interessanti che sono state svolte per celebrare il jazz e ricostruirne il panorama nazionale vi è quella di Nicola Gaeta, autore del libro “Una preghiera tra due bicchieri di gin”, uscito nel 2011 per Caratteri Mobili Edizioni. La domanda che Gaeta ha posto al mondo della musica è la seguente: esiste una scena italiana del jazz? E, in tal caso, quali sono le sue caratteristiche? Raccoglie così ben trentatré interviste a personaggi che hanno fatto, dal secondo dopoguerra ad oggi, la storia del jazz italiano: da Franco Cerri, Giorgio Gaslini, Enrico Rava, a Stefano Bollani, Stefano Di Battista, Nicola Conte, Marco Valente.

Gaeta, medico di professione e critico musicale per vocazione, attraverso il suo libro (dal titolo fortemente evocativo: riprende infatti la definizione di jazz che Duke Ellington dette a Giorgio Gaslini) ha voluto ricostruire un ritratto del panorama musicale jazz italiano attraverso la stessa voce che di quel panorama sono stati e sono tuttora protagonisti. Quel che viene fuori è un quadro vivido e variegato, così come variegata è stata l’evoluzione del jazz dagli anni ‘40 in poi, ma soprattutto l’essenza di un genere ancora vincente e dal riconosciuto marchio “Made in Italy”.
Tag: italian, jazz, spina, cerri

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