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Emigrare con una valigia di cartone

Tu vu' fa' l'americano; col la valigia di cartone milioni di persone si spostano dall'Italia agli Stati Uniti, importano spaghetti, pizza, mafia, ma soprattutto voglia di cantare. Gli artisti italoamericani ci hanno fatto una serenata fin dall'inizio dei tempi. C'è qualcosa di senza tempo nel loro patrimonio culturale e nella sua connessione con la musica che parla a generazioni di fan in tutto il mondo. Ancora oggi, le canzoni italoamericane continuano a riempire ogni angolo del paese con le loro voci avvincenti e testi evocativi che possono farci ridere, amare e sentirci meglio con noi stessi allo stesso tempo. Che si tratti di ninne nanne sincere, brani pop appassionati o numeri travolgenti pieni di giusto orgoglio, le canzoni italoamericane trasmettono qualcosa di unico nella nostra vita. Dobbiamo molto a questo gruppo di straordinari talenti ispirati dal loro mestiere e dalla loro dedizione senza compromessi nel dare vita a una magnifica arte che durerà a lungo dopo che se ne saranno andati.
Ultime canzoni aggiunte alla playlist:
1-Fergie - Be Italian
2-Frank Sinatra - I Have But One Heart
3-Jerry Vale - Innamorata
4-Russ Columbo - Prisoner Of Love
5- -
Tags:
2022-09-20

Boom, il miracolo italiano

Feriti gravemente dalla guerra, distrutti, stanchi, addolorati, cosí gli italiani entrano negli anni ´50. Ma é proprio in quel momento che il paese raggiunge la massima evoluzione moderna, permettendo alla povera Italia di diventare una delle nazioni piú industrializzate del mondo. Orgoglio. La costituzione il piú bel lascito. Storie. Finiti i bei discorsi patriotici, ci ritroviamo a fuggire dal nostro paese, povero di offerte valide e che, putroppo, non ha seguito i binari tracciati dai nostri nonni. Trafitti dalla disillusione quotidiana, cerchiamo nostalgici pellegrinaggi nei primi Sanremo, nelle parole degli illustri cantautori e nelle note di una chitarra classica, vecchia.
Tag: l´italiavabene, miracolo, boom, sanremo, musicaitaliana
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2022-05-31

Micronazioni

Il processo di inderogabile globalizzazione ci ha avvicinati, limando i confini materiali e morali fino a ridurli a strenue difese di becere identità nazionali. Ci troviamo spesso a essere annoiati tifosi di uno sport che non seguiamo, preferendo cambiar canale e dormire davanti a un pettegolezzo di quartiere. E invece di prendere in mano il nostro diritto all’indipendenza, ci teniamo in mano parti basse mentre pratichiamo serali o domenicali attività televisive, ripetendo il primo slogan che sentiamo, il primo coro da stadio che ci copre come una calda coperta di sicurezza. Fortunatamente per noi, la tendenza al conformismo si dilata tanto da strapparsi come un seno rifatto, e lascia gocciolare sul pavimento le silenziose gocce che ci tradiranno anche quando il corpo del reato sarà stato rimosso in pieno stile CSI MiamiNYLasVegas. Queste gocce, questi inconsulti spruzzi di vomito nazionale, sono le più ispirate reazioni all'appiattimento sociale. Sono nazioni, micronazioni, parto irrazionale di artisti e persone comuni, che per gioco o per caso si proclamano indipendenti fazzoletti di nulla, discariche di migliaia di indecisi e stanchi cittadini di nascita che desiderano ora delimitare il proprio territorio morale e fisico. Ce ne sono un sacco: il principato di Sealand, famosa piattaforma nel Mare del Nord, o la Molossia, casa di campagna nel Nevada, o l’isola di Pitcairn, paradiso naturale nel Pacifico meridionale. Ma la mia preferita è KREV, Kingdoms of Elgaland-Vargaland, la micronazione che governa su tutti i territori di confine. Proclamati nel 1992 da un gruppo di artisti, dei KREV siamo tutti cittadini, attraversiamo la soglia di casa nostra, per una frazione di secondo smettiamo le nostre membra nazionali, quando stiamo per addormentarci, nel limbo della creatività surrealista, e quando navighiamo su internet, sempre costantemente connessi ad un mondo che pensiamo non ci appartenga.
Tag: micronazioni, KREV, Elgaland-Vargaland
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